mercoledì 29 aprile 2009

La Commissione Warren


LA COMMISSIONE WAREN
Una settimana dopo la morte del Presidente Kennedy, fu istituita dal governo una commissione d’inchiesta per far luce sulle modalità dell’assassinio. Questa commissione era presieduta dal giudice della corte suprema degli Stati Uniti Earl Warren, dal quale prende il nome. I compiti della commissione erano innumerevoli: doveva innanzitutto stabilire chi commise l’assassinio e da dove furono sparati i colpi di arma da fuoco sul presidente, doveva stabilire quanti colpi furono sparati sulla Dealey Plaza, e se il presunto e defunto assassino Lee Harvey Oswald avesse avuto la capacità di eseguire l’attentato da solo o con la complicità di altri. La commissione doveva inoltre stabilire se Jack Ruby assassinò Oswald su commissione o se lo fece di propria iniziativa. Meno di un anno dopo, il 28 Settembre 1964, fu pubblicato il risultato dell’inchiesta. Era composto da 25 volumi, assolutamente indecifrabili per la mancanza di un ordine logico, sia nell’inserimento delle informazioni sugli interrogatori dei testimoni, che sulle prove raccolte e sulle perizie dei vari esperti medici e balistici, che collaborarono nell’indagine, ma soprattutto per la mancanza di un indice.
Ma quali furono i punti salienti del risultato della commissione Warren?

1) I colpi che uccisero il presidente Kennedy e ferirono il governatore del Texas Connally furono sparati dal sesto piano sull’angolo sud/est del deposito di libri della Texas School.

2) Prove attendibili affermano che furono sparati tre colpi.

3) Non vi è prova attendibile che i colpi siano stati sparati dal sottopassaggio a tre corsie dal fronte del corteo o da qualsivoglia posizione.

4) Nessuno dei membri della commissione ha alcun dubbio circa il fatto che tutti i proiettili, che hanno causato le ferite al presidente ed al governatore, furono sparati dal sesto piano del deposito libri della Texas School.

5) Testimoni sul luogo dell’assassinio videro un fucile sparare dalla finestra al sesto piano dell’edificio adibito a deposito. Ed alcuni testimoni videro un fucile alla finestra immediatamente dopo che furono esplosi i colpi.

6) Vi sono prove molto convincenti fornite dagli esperti che dimostrano come lo stesso proiettile, che trapassò la gola del presidente, abbia provocato anche le ferite del governatore Connally (reperto 399 della commissione).

7) Il presidente fu colpito una seconda volta da un proiettile, che penetrò nella zona posteriore destra del capo, provocando un’ampia ferita mortale.

8) I colpi che uccisero il presidente Kennedy e ferirono Connally, furono sparati da Lee Harvey Oswald.

9) Il fucile italiano Manlicher-Carcano calibro 6,5, dal quale furono sparati i colpi, era di proprietà, nonché in possesso di Oswald.

10) Alcuni indizi circa i motivi possono essere dedotti dalla sua storia familiare, dal suo grado di istruzione, il suo comportamento, i suoi scritti, e i ricordi di coloro, che avevano avuto rapporti ravvicinati con lui durante il corso della sua vita.

11) Sulla base della testimonianza di esperti, e dell’esame dei filmati dell’assassinio, la commissione è giunta alla conclusione che un uomo armato di fucile, che avesse le capacità di Lee Harvey Oswald, poteva aver sparato i colpi che erano partiti dal fucile impiegato nell’assassinio entro i tempi effettivi della sparatoria.

12) La commissione è inoltre giunta alla conclusione che Oswald aveva le capacità di commettere l’assassinio con un fucile.

13) Il presidente Kennedy fu dapprima colpito da un proiettile, che penetrò dalla parte posteriore del collo, provocando una ferita non necessariamente mortale. Fu poi colpito una seconda volta da un proiettile, che penetrò nel lato posteriore destro del cranio, provocando una grande ferita mortale

14) Non vi sono prove a sostegno della voce secondo cui Ruby sarebbe stato appoggiato da un qualche appartenente al Dipartimento di Polizia di Dallas, nell’uccisione di Oswald

15) Lungo l’intero corso delle proprie indagini la commissione non si è mai imbattuta in indizi di complotto, eversione o di infedeltà nei confronti del Governo degli Stati Uniti da parte di alcun funzionario di amministrazioni locali, federali o di Stato.

Per la commissione questo è tutto. Naturalmente l’esito non mancò di sollevare perplessità. La commissione, per arrivare a quel risultato, che io definirei quantomeno comodo, aveva erroneamente, se non deliberatamente, modificato le versioni di alcuni testi, ed addirittura alcune testimonianze non vennero nemmeno ascoltate e menzionate.
La cosa più incredibile accadde a Jean Hill, un’insegnante di trent’anni che il 22 novembre si trovava con un’amica sulla Elm Street.
La stessa dichiarò al procuratore distrettuale di New Orleans: “Si avvicinarono due tipi, non mi dissero il loro nome, ma dovevano averci osservato, perché erano al corrente di tutte le nostre mosse. Dissero di essere della polizia e ci condussero alla centrale.
Qui venni interrogata. Mi chiesero quanti spari avevo sentito.
Alla mia risposta “da quattro a sei” l’agente si arrabbiò molto: “Impossibile - disse - erano echi!” e continuò: “Abbiamo tre proiettili e tre spari, che provenivano dal deposito di libri. Questo è tutto ciò che posso dire”.
“No - risposi io - Ho visto un uomo sparare da dietro la staccionata. Che volete fare? Andate a prenderlo!”
Allora l’agente mi disse che la questione era già risolta: “Lei ha sentito solo tre spari e non parli di questo con nessuno!”.
Mi sembrò molto strano, erano passati solo venti minuti dall’attentato! In seguito vennero a casa mia quelli della commissione Warren ed anche a loro riferii di aver sentito da quattro a sei spari. Mi dissero che erano echi, che gli spari erano tre, e che già avevano l’assassino del presidente. Io replicai: “Conosco le armi da fuoco, mio padre era un guardiacaccia ed io sparavo alle tartarughe con lui. Quelli che ho sentito non erano echi, ma spari, da quattro a sei”. Uno di loro minacciò di farmi rinchiudere in un ospedale psichiatrico. Io capii subito che c’era qualcosa di losco, nessuno si arrabbia così quando ottiene una deposizione. Ho riletto la mia testimonianza apparsa nel rapporto Warren, è falsa dall’inizio alla fine”.
Tutti gli sforzi della commissione si concentrarono nel cercare di dimostrare che, quel giorno, furono esplosi solamente tre colpi di fucile, provenienti dal deposito di libri, e sparati da Oswald in 5,6 secondi, come provato dalla pellicola di Zapruder, un testimone cineamatore che con una cinepresa filmò la sequenza mortale del presidente, sulla Elm Street.
Il super-8 millimetri a colori di Zapruder è diventato il filmato ufficiale di quel giorno, in ottantanove fotogrammi, riprese l’intera sequenza degli spari. Quella pellicola era la prova che non avevano calcolato, quei 5,6 secondi, sono diventati un grosso problema per la commissione, così come il terzo ferito della giornata, James Tague, ferito di striscio ad una guancia, mentre si trovava all’imbocco del sottopassaggio a tre corsie, che portava fuori dalla Dealey Plaza.
Tague alla polizia dichiarò: “Pensai che qualcosa mi avesse punto sul viso, ed il mio amico Walter mi disse che c’era del sangue sul mio viso, e mi chiese dove mi trovavo. Beh - dissi -, laggiù vicino al sottopassaggio. Ci siamo mossi in quella direzione e dopo che Walter ebbe camminato per circa tre metri, mi disse: “Guarda là su quel paracarro, c’è un segno ben evidente che una pallottola lo ha colpito!” Non so dire se è stata la pallottola o un frammento di paracarro a colpirmi”. Fu detto a James Tague di tenersi a disposizione perché la commissione Warren lo avrebbe convocato per una deposizione, questo non successe mai. Anche se la commissione dovette comunque tener conto di quel proiettile.
Riassumendo, sappiamo che un colpo provocò la ferita mortale a Kennedy ed un altro colpì James Tague, rimane quindi un solo proiettile. La commissione Warren, piuttosto di ammettere che ci furono più di tre spari, avallò la teoria di un giovane ed ambizioso avvocato Arlene Specter (Foto), più nota come la teoria della pallottola magica, cioè è la base, su cui si fonda, per sostenere la tesi del folle solitario, ovvero, per giustificare sette ferite sul corpo di Kennedy e Connally provocate da un solo proiettile.
La pallottola magica entra nel corpo di Kennedy, dalla schiena (ferita n. 1) quattordici centimetri sotto la base del collo e si dirige verso il basso con un angolo di diciassette gradi, poi rimonta verso l’alto per poter uscire dal corpo del presidente dalla gola (ferita n. 2), diretta verso l’alto. Sosta per circa un secondo e sei decimi, presumibilmente a mezz’aria, per poi ripartire e girare a destra, quindi girare a sinistra e proseguire entrando nel corpo di Connally dalla parte posteriore dell’ascella destra (ferita n. 3). Si dirige quindi verso il basso con un angolo di ventisette gradi, fratturando la quinta costola di Connally, con foro di uscita dall’emitorace destro (ferita n. 4). Gira poi a destra e rientra nel corpo di Connally, dal polso destro, fratturando il radio (ferita n. 5). Uscendo dal polso di Connally (ferita n. 6) compie una drammatica inversione ad “U” e finisce la corsa nella coscia sinistra del governatore (ferita n. 7), dalla quale in seguito cade per essere ritrovata intatta, su di una barella nel corridoio dell’ospedale.
Se utilizziamo un po’ di logica e di buon senso, basta poco per comprendere che un proiettile non poteva causare tutte quelle ferite come è stato descritto sopra, quindi bisogna supporre che ci fu almeno un quarto sparo, e dato che la pellicola di Zapruder elimina ogni possibilità di attribuire ad Oswald l’ennesimo colpo, dobbiamo concludere che ci fu almeno un secondo attentatore, e se ci fu un secondo tiratore allora inequivocabilmente si deve parlare di complotto, e se dimostrato che a questo complotto parteciparono organi federali, militari o di governo allora per definizione si deve parlare di colpo di stato. Ma chi furono queste persone amiche e fidate di Lyndon Johnson che composero la commissione d’inchiesta Warren?
In gran parte personaggi molto vicini ai servizi segreti o agli apparati militari. È il caso di Allen Dulles, ex capo della Cia dal 1953 al 1961, e licenziato da Kennedy, dopo il fallimento della missione alla baia dei porci, assieme al suo vice, il generale Charles Cabell, che, a sua volta, era il fratello del sindaco di Dallas nel 1963, Earle Cabell. Gli altri membri della commissione erano il deputato della Louisiana, Hale Boggs, il senatore del Kentucky John Sherman Cooper, il senatore Richard Russel, per finire con il futuro presidente degli Stati Uniti, Gerald Ford (1974-1977), che succedette al dimissionario Nixon, dopo lo scandalo del Watergate, e l’ex vicesegretario della difesa John J McCloy. Naturalmente questi illustri personaggi erano stati nominati da Lyndon Johnson, neo presidente degli Stati Uniti, l’uomo che trasse i maggiori vantaggi dalla morte di JFK.
Una cosa curiosa accadde senza dubbio quando la commissione indagò sulla possibilità che una cospirazione fosse alla base dell’assassinio. Allen Dulles fece chiamare per una deposizione Charles Cabell, per capire cosa sapevano, dei fatti, alla Cia o ai Servizi Segreti, e se fossero direttamente o indirettamente coinvolti in un complotto. Naturalmente l’esito fu scontato, dato che Cabell era stato, al tempo, il vice direttore della Cia, e che il suo Direttore era proprio l’uomo che lo stava interrogando, Allen Dulles. Era come se l’imputato fosse anche l’investigatore. Ci sono molte altre cose che mi lasciano decisamente perplesso in questa intrigata vicenda.
La commissione ha sempre sostenuto che Lee Harvey Oswald fu un folle solitario, ed ogni teoria discordante da essa, fu resa nulla. Se così fosse, se Oswald fosse stato davvero l’unico attentatore, perché fece il fuoco mentre l’auto presidenziale risaliva la Houston Street? Sarebbe stato un colpo più semplice per un unico tiratore appostato al sesto piano del deposito dei libri, una zona di tiro frontale rispetto al presidente. Poi, successivamente, la pallottola migliore si sarebbe sparata all’incrocio tra la Houston e la Elm Street, il punto più vicino al deposito dei libri ed il punto più lento del corteo, proprio lì, l’auto, per svolgere quella curva, rallenta fino a quattordici chilometri orari. Inoltre c’è un dettaglio che non può essere trascurato. Di fronte al Texas book depository c’era un albero molto grande, una quercia sempreverde del Texas, quindi, il presunto attentatore, doveva quantomeno prendere atto che, sparare attraverso un fitto fogliame, gli avrebbe impedito la visuale e sarebbe stata un’impresa molto difficile. Edgar Hoover, capo dell’ Fbi nel 1963, dichiarò che a novembre gli alberi perdono le foglie. Questo non vale per la quercia sempreverde del Texas, che le fa cadere solo ai primi di marzo. Inoltre, il filmato di Zapruder, documenta che, quel giorno, la quercia era arricchita da una densa chioma, quindi, se qualcuno sparò realmente dal deposito di libri, lo fece senza una discreta visuale. Da quella pellicola che ho visionato molto attentamente, ho colto un particolare che, fino a questo momento, nessuno aveva mai citato o menzionato in nessun rapporto. Mi riferisco al colpo che provocò la ferita mortale al presidente Kennedy, e che, secondo la commissione fu sparato da Oswald, dal sesto piano del deposito dei libri. Impossibile! La provenienza di quel colpo fu contestata da molti, in particolare da Jim Garrison, procuratore distrettuale di New Orleans nel 1967, e a tutt’oggi l’unico ad aver promosso un procedimento d’accusa per l’assassinio Kennedy. Garrison basava la sua tesi sul fatto che, la testa del presidente, nel momento in cui viene trafitta dal proiettile, si sposta bruscamente indietro e a sinistra, una reazione assolutamente incompatibile con la teoria di un colpo sparato da tergo. A meno che non si voglia dubitare di ciò che si può vedere con gli occhi, bisogna ammettere che quel colpo fatale doveva per forza provenire dal fronte del corteo. Inoltre, si nota chiaramente come la first lady, Jacqueline, nell’istante in cui il marito viene colpito, si trova con la testa china verso di lui. Sapendo che il colpo gli ha trapassato il cranio, nessuno della commissione Warren si è mai preoccupato di spiegare il fatto che la stessa non sia stata colpita. Forse quel dettaglio è sfuggito a tutti, e probabilmente anche a Garrison, che in tribunale, con l’aiuto di un esperto di balistica, non avrebbe avuto alcun problema nel dimostrare l’errata valutazione, fatta dalla commissione Warren, sulla provenienza di quel proiettile.
In conclusione, si può affermare senza ombra di dubbio che la commissione Warren svolse un lavoro assolutamente inconcludente, invece di cercare la verità, fu insabbiata a più riprese inventando testimonianze e modificando fatti.
Il motivo di ciò a mio avviso è abbastanza evidente, e rimango convinto che la commissione Warren sia stata creata per accusare Oswald davanti all’opinione pubblica ed al popolo americano, piuttosto che a far luce sui fatti realmente accaduti quel 22 novembre in Dealey Plaza.

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