martedì 28 aprile 2009

Biografia JFK a cura di Perazzani Daniele


JOHN FITZGERALD KENNEDY



John Fitzgerald Kennedy, (Brookline, Massachusetts 1917 - Dallas, Texas 1963), trentacinquesimo presidente degli stati uniti (1961 - 1963).

Figlio di Joseph (Boston 1888 - Hyannis Port 1969), sin da giovane fu, con i suoi fratelli, «programmato» dai genitori per arrivare molto in alto: studi e laurea ad Harvard (1937), viaggi in Europa, dove il padre era ambasciatore a Londra e dove raccolse materiale per la sua tesi sulla politica inglese sino al Patto di Monaco (settembre 1938), pubblicata nel 1940 col titolo Why England Slept (Perché l'Inghilterra dormì). Combattente volontario in marina nella II guerra mondiale, ottenne un'alta onorificenza al valore. Caduto in guerra il fratello maggiore, JFK, ne raccolse l'eredità secondo i piani della famiglia e si dedicò alla politica. Democratico, fu eletto alla Camera dei Rappresentanti da un collegio del Massachusetts nel 1946, poi, dal 1952 al 1961, fu senatore, sempre in rappresentanza del Massachusetts. Da quel momento ebbe inizio la preparazione per l'ulteriore ascesa. Nel 1956 entrò a far parte della Commissione Affari Esteri, dove sostenne la maggiore importanza degli aiuti economici, rispetto a quelli militari, per i Paesi sottosviluppati; tra il 1958 e il 1959 concorse all'elaborazione della legge Landrum-Griffin, che migliorava la legislazione sul lavoro. Si era dunque attestato su posizioni moderatamente liberali (nel senso americano del termine, riformista) allorché scese in campo per la conquista della presidenza, nel 1960. Validamente appoggiato dalla famiglia paterna, dalla moglie (Jacqueline Bouvier, sposata nel 1953) e da un ottimo apparato di collaboratori, riuscì prima ad assicurarsi la candidatura democratica, poi a battere il rivale repubblicano, Nixon. Imperniò la propria campagna elettorale sul tema della «Nuova Frontiera», indicando con questo termine la meta cui gli Americani avrebbero dovuto tendere negli anni Sessanta. Scuotendosi dal pigro compiacimento dell'era di Eisenhower, essi avrebbero dovuto rispondere alle sfide del momento storico, del comunismo per un verso e del Terzo Mondo per altro verso; e appunto per vincere la gara col comunismo presso il Terzo Mondo gli U.S.A. avrebbero dovuto attuare un'energica ripresa dell'economia all'interno e altresì realizzare riforme e miglioramenti, a cominciare dal problema dei neri. L'attuazione di questo programma, in sostanza generico, incontrò una seria limitazione nella posizione di debolezza di Kennedy, eletto con un margine sommamente esiguo di voti, appena centomila, sul rivale. Si spiega così come il Congresso, pur a maggioranza democratica, non legiferò su alcuna delle proposte innovatrici di JFK, neppure sullo scottante problema dei neri, che il presidente aveva messo in rilievo, in più d'un messaggio, in tutta la sua drammaticità. Lo scontro con i trusts dell'acciaio e del petrolio fu un altro elemento di limitazione dell'indipendenza di Kennedy. Sul piano della politica interna si impegnò nella lotta alla disoccupazione con un ingente programma sociale di sussidi e aumenti salariali; vennero incrementati anche gli investimenti nella ricerca scientifica e nei programmi spaziali e le spese per la difesa militare, con la conseguente crescita delle commesse per le industrie belliche.

Sul piano della politica estera, invece, i primi mesi del 1961 furono contrassegnati da una serie di crisi internazionali: Kennedy era deciso a proseguire la politica di "contenimento" del comunismo, e con questo spirito approvò un piano strategico preparato dall'amministrazione precedente (Eisenhower) che si proponeva di rovesciare il regime comunista cubano di Fidel Castro. L'operazione di sbarco alla baia dei Porci, però, fallì clamorosamente e il presidente se ne assunse la piena responsabilità. Nel tentativo di avviare un dialogo con l'Unione Sovietica, nella primavera del 1961 si incontrò con il premier sovietico Nikita Kruscev con il quale concordò la neutralizzazione del Laos, allora minacciato dai rivoluzionari comunisti, ma non riuscì a raggiungere un'intesa che appianasse le tensioni in corso a Berlino: quando, nell'agosto dello stesso anno, venne eretto il Muro Kennedy rispose con l'invio di 1500 uomini nella città tedesca.

Il clima di conflittualità della Guerra Fredda si accentuò ulteriormente quando l'Unione Sovietica riprese gli esperimenti nucleari; la minaccia di una nuova guerra mondiale divenne pressante nell'autunno del 1962, con la crisi cubana dei missili. Alcuni aerei da ricognizione americani, sorvolando l'isola di Cuba, scoprirono l'esistenza di basi missilistiche sovietiche: Kennedy pose l'embargo all'isola, ordinando all'Unione Sovietica di smantellare le basi. Il 28 ottobre Kruscev aderì alla richiesta: il presidente degli Stati Uniti revocò l'embargo assicurando che l'isola non sarebbe stata invasa. La ritirata sovietica fu per Kennedy un trionfo politico e personale.

Il clima internazionale visse un momento di distensione nel 1963, quando Stati Uniti, Gran Bretagna e URSS riuscirono a raggiungere un accordo per la messa al bando degli esperimenti nucleari. Kennedy lanciò inoltre l'Alleanza per il progresso, un piano di aiuti per lo sviluppo economico dell'America latina. I successi sul piano internazionale furono tuttavia oscurati dall'aggravarsi della situazione in Vietnam: la decisione di Kennedy di inviare un contingente di 17.000 uomini a sostegno di un regime instabile minacciato dalla corruzione e da una crescente rivolta comunista costituì il primo passo del coinvolgimento americano in una guerra che si sarebbe rivelata catastrofica per gli Stati Uniti.

Nell'autunno del 1963 il presidente cominciò a organizzare la campagna per la propria rielezione; l'impegno per favorire l'integrazione razziale e garantire il diritto di voto ai neri aveva suscitato un crescente malcontento e gruppi di ispirazione razzista avevano provocato gravi episodi di violenza. Il 22 novembre, mentre attraversava la città di Dallas a bordo di una limousine scoperta, Kennedy venne colpito da un proiettile alla testa e morì.

La notizia del suo assassinio suscitò un'immensa emozione sia nel paese sia nel mondo intero. Poche ore dopo la sua morte, venne arrestato un ex marines, Lee Harvey Oswald, che due giorni più tardi fu a sua volta assassinato da Jack Ruby mentre veniva trasferito da un carcere a un altro. Nel settembre del 1964 il presidente della Corte Suprema Earl Warren pose fine alle indagini stabilendo che il presidente era stato ucciso da Oswald, che aveva agito da solo, ma la sentenza non mancò di sollevare molti dubbi, tuttora insoluti. Fra le varie ipotesi, confermate anche dalle dichiarazioni di numerosi testimoni, si fece strada quella di un complotto a fini politici.

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