mercoledì 29 aprile 2009

Chi? Come? Perchè?

Pochi minuti dopo le 12.30 di Venerdì 22 novembre 1963, l’Associated Press lancia sulle telescriventi di tutto il mondo il primo “flash” sull’attentato al presidente degli Stati uniti John Fitzgerald Kennedy:” Hanno sparato oggi sul presidente proprio mentre il corteo presidenziale si allontanava dal centro di Dallas. La First Lady è balzata in piedi e ha afferrato Kennedy. Ha gridato “ho, no”. Il corteo delle automobili è poi proseguito velocemente”. A questo comunicato ne seguiranno altri sempre più drammatici. Fino all’ultimo: “Il presidente Kennedy è morto”.
La notizia lascia sgomento il mondo intero.
John Fitzgerald Kennedy, 35 presidente degli Stati Uniti d’America, veniva assassinato a colpi di fucile, sotto gli occhi di un’incredula nazione e del mondo intero. Moriva cosi il più giovane presidente eletto della storia americana, il primo cattolico alla guida degli Stati Uniti, quell’ ”uomo nuovo” che una parte dell’America aveva mandato alla casa bianca per voltare pagina dopo gli anni più rigidi della guerra fredda, Kennedy era il simbolo delle nuove libertà degli anni 60 e agli occhi dell’opinione pubblica rappresentava il cambiamento, ma quel pomeriggio di Dallas la storia Americana, e con essa quella del mondo, cambiò traumaticamente.
La presidenza di JFK, durò in tutto poco più di mille giorni, dal 20 gennaio 1961 al 22 novembre 1963, ma intorno alla sua figura, ed al suo programma della “nuova frontiera” che aveva scosso le corde di una nazione costituzionalmente “pioniera”, si erano andate consolidando speranze, forse assai più grandi di quelle che il giovane presidente avrebbe potuto, forse, trasformare in fatti compiuti.
Non sarà mai possibile, purtroppo, avere una verifica storica su quale poteva essere l’effettiva incidenza di JFK sulla storia del suo paese e del mondo, un fatto è tuttavia certo: tra gli anni sessanta ed i primi anni novanta il Kennedysmo è stato per generazioni di americani e non, uno dei “miti” politici di riferimento, forse al di là delle intenzioni espresse prima dallo stesso JFK, poi dal fratello Robert, anch’egli destinato a concludere tragicamente la sua avventura umana e politica cinque anni dopo il fratello maggiore. Oggi a quarant’anni da quel tragico novembre 1963, le tracce lasciate da JFK nella storia, sono e resteranno ancora per molto tempo ben visibili a tutta l’umanità.
Quel ventidue novembre, morì un pezzo di storia americana, un pezzo di storia del mondo, un pezzo di qualcosa che ancora manca, e per quanto mi sforzi nel cercar di capire, o meglio nel cercar di spiegare che cosa sia assente in quel macabro quadro di morte, l’unica parola che mi frulla nella mente è giustizia.
Una giustizia, sepolta sotto un cumulo di bugie e falsità, di conferme e smentite, di cose mai avvenute ma dette, di cose mai dette ma avvenute.
Il 29 Novembre 1963, una settimana dopo la morte del Presidente degli Stati Uniti fu costituita la commissione Warren che aveva il compito per far luce sulle modalità dell’assassinio Kennedy. Il presidente era il giudice della corte suprema degli Stati Uniti Earl Warren. Con lui ne fecero parte Allen Dulles ex capo della Cia, Gerald Ford il futuro presidente degli Stati Uniti (dal 1974 al 1977 poi dimissionario per lo scandalo Watergate), il senatore Richard Russel, l’ex vicesegretario della Difesa John J.Mc Cloy, il deputato della Louisiana Hale Boggs, ed il senatore del Kentucky John Sherman Cooper. Questa commissione fu istituita su ordine del neo presidente degli Stati Uniti Lyndon Johnson, con la firma sull’esecutivo n°11130.
Per molti anni mi sono posto sempre la stessa domanda, “Chi ha ucciso Kennedy?..”. Oswald? La Mafia? La Cia? Gli esili cubani? Castro? Il Governo? L’Fbi? I Russi? o chi altri?.. A tutt’oggi mi rendo conto che la domanda che mi ponevo era quella sbagliata, e non mi avrebbe portato da nessuna parte se prima non davo la risposta ad un’altra domanda, “Perché hanno ucciso il Presidente Kennedy?”
Istintivamente direi che Kennedy era contro la guerra e non la voleva fare, l’aveva vissuta in prima persona durante il secondo conflitto mondiale ed aveva perso il fratello maggiore, Joseph Jr, nel 1944 durante un’azione militare nei cieli della Germania. Era consapevole che nemmeno il popolo voleva altro spargimento di sangue Americano qua e la in giro per il mondo ed il Vietnam iniziava a diventare un problema considerevole, una tegola che JFK ereditò da Eisenhower ma che non condivideva.

“Se il loro governo non si impegna ad ottenere il consenso popolare, dubito che potremo vincere la guerra. È la loro guerra e sta a loro vincerla o perderla”.

Kennedy scopre di aver una guerra segreta contro il regime comunista di castro a Cuba, una guerra condotta dalla CIA e dagli esiliati Cubani addestrati in America in campi militari segreti (La fantomatica operazione mangusta). Castro è un rivoluzionario di successo che minaccia gli interessi americani in america latina. La guerra culmina con il disastroso sbarco alla baia dei porci nell’aprile del 1961. Kennedy rifiuta la copertura aerea ad una brigata d’assalto di esili cubani, mesi di lavoro della CIA erano stati vanificati da un ordine di JFK “Non invadere l‘isola”. Pubblicamente si assume tutte le responsabilità del fallimento di quella missione, ma privatamente disse che la CIA gli aveva mentito allo scopo di spingerlo ad ordinare un’invasione in piena regola di Cuba.
La politica Kennedyana mirava a porre fine alla guerra fredda e creare rapporti più distesi con Unione Sovietica e Cuba.
Nell’ambiente militare, paramilitare e dei servizi segreti c’erano parecchie persone molto arrabbiate, la politica “distensiva” di JFK stava diventando una minaccia sempre più concreta per chi faceva della guerra un business da milioni di dollari. Uno stretto collaboratore del presidente, Theodore Sorensen, raccontò all’Ansa il 20 novembre 1993 che “Kennedy tentò in tutti i modi di mettere le redini alla Cia ma non riuscì mai ad averla sotto controllo, nonostante tutti i suoi sforzi, accadevano molte cose di cui lui non era a conoscenza, e che mai e poi mai avrebbe approvato, come l’uso dell’assassinio come strumento politico”. Nell’ottobre del 1962 il mondo è sull’orlo di una guerra nucleare, quando JFK ordina il blocco di cuba dopo aver rivelato la presenza di missili nucleari Russi a 150 chilometri dalle coste Americane. Navi sovietiche con altri missili salpano alla volta di Cuba ma all’ultimo momento invertono la rotta. Il mondo tira un sospiro di sollievo ma a Washington corre voce che Kennedy abbia stretto un accordo segreto con il premier russo Krusciov rinunciando ad invadere Cuba in cambio del ritiro dei missili sovietici.
In molti avrebbero avuto un grande interesse nel togliere di mezzo Kennedy. Tra questi c’è sicuramente la mafia, che vide il sogno di riprendere il controllo dei casinò e del mercato nero delle armi, a Cuba, infrangersi contro l’ordine di JFK di non invadere l’isola, inoltre con la morte di John la mafia avrebbe tolto al ministro della Giustizia Robert Kennedy, l’appoggio del fratello dalla Casa Bianca, e questa non sarebbe stata cosa di poco conto, dato che Robert stava oramai con il “fiato sul collo” ai maggiori boss mafiosi tra i quali Sam Giancana, Carlos Marcello e Santos Trafficante
Detto questo e sapendo quanti interessi economici, bellici, politici, sociali ruotavano attorno a Kennedy risulta difficile pensare che Lee Harvey Oswald abbia fatto tutto da solo ed apparentemente senza un motivo se non quello di avere notorietà. Kennedy è stato ucciso in Texas, uno stato che non lo amava e questo è risaputo, infatti la visita a Dallas veniva descritta come visita in una città ostile.
I petrolieri texani erano molto arrabbiati perché Kennedy aveva tolto loro dei vantaggi fiscali goduti fino a quel momento, che in termini economici significavano milioni di dollari in più nelle casse dello stato.
La pista dei petrolieri texani come mandanti dell’assassinio è stata battuta da molti ma nessuno riuscì mai a trovare un briciolo di prova a sostegno di questa tesi, anzi a mio avviso nessuna delle teorie fino ad ora espresse in merito è da ritenersi definitiva e finale, nemmeno quella di Oswald come folle solitario perché le prove ritrovate al sesto piano del deposito di libri lo accusano in parte, ma non lo inchiodano in maniera definitiva. Ci sarebbero troppe incongruenze fra esse e soprattutto troppa confusione nelle indagini, e troppe persone che erroneamente o deliberatamente hanno inquinato prove.
Un esempio è una telefonata fatta dal capo dell’Fbi John Edgar Hoover a Walter Jenkins, l’assistente del presidente Johnson, immediatamente dopo l’uccisione di Lee Harvey Oswald, telefonata in cui le parole di Hoover furono testualmente:
”Per il viceprocuratore Katzenback, e per me, la cosa più urgente è pubblicare sulla stampa qualcosa che convinca l’opinione pubblica che il vero colpevole è Lee Oswald”.
La risposta non si fece attendere e il giorno successivo l’associated press scrive: Washington, 25 Novembre 63
Il direttore dell’Fbi J.Edgar Hoover, ha affermato quest’oggi che tutte le informazioni a sua disposizioni indicano che Lee Harvey Oswald abbia agito da solo nel perpetrare l’uccisione del presidente John Fitzgerald Kennedy. “Non è emerso neppure uno straccio di indizio che possa far pensare che altre persone fossero coinvolte con Oswald in un complotto per assassinare il presidente” ha affermato il direttore in un comunicato.
Ricordiamoci che erano passati solo tre giorni dall’assassinio e che oggi quarantatre anni dopo esistono ancora dei dubbi a riguardo.
Fin dall’inizio l’indagine dell’Fbi sull’assassinio del presidente Kennedy fu caratterizzata da gravi lacune perché si fondava su di una falsa premessa: Il direttore non aveva mai torto.
Dodici anni dopo la commissione di inchiesta sugli omicidi politici, appositamente istituita dalla camera, concludeva le proprie indagini con questa considerazione:
” La convinzione personale di Hoover che Oswald avesse agito da solo ha influenzato il corso delle indagini, affrettandone la conclusione dopo un esame troppo superficiale dell’ipotesi cospirativa”
Nel 1979 la stessa commissione, dopo aver esaminato i documenti rimasti ed aver ottenuto le deposizioni di tutti i testimoni ancora in vita, concluse che l’indagine dell’Fbi sull’eventualità di complotto era stata lacunosa proprio nei settori che la commissione aveva individuato come maggiormente sospetti: la criminalità organizzata, i cubani filo e anticastristi, oltre ai possibili legami di Lee Harvey Oswald e Jack Ruby con personaggi di quegli ambienti. In quei campi, in modo particolare, le indagini dell’Fbi furono, secondo le apparenze, insufficienti per scoprire un’eventuale cospirazione.
Naturalmente, il fatto che Hoover non volesse scoprirla aveva contribuito non poco.

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